L’associazione nasce nel 1980 in seguito alla scissone del Comitato Mura, creato nel 1977. Mentre quest’ultimo fu creato con l’intento di salvaguardare e portare attenzione sul più esteso monumento della città, l’associazione gli Amissi del Piovego nasce con due principali obiettivi correlati fra loro:
1) tutelare e valorizzare il patrimonio naturale costituito dai canali di Padova,
2) così come riscoprire e diffondere la voga alla veneta, che viene praticata dai membri dell’associazione a livello amatoriale.
L’impegno di salvaguardare i canali cittadini è in seguito ulteriormente sostenuto da una particolare volontà, espressa negli anni Novanta, di rivendicare i canali in quanto patrimonio ambientale e culturale.
Per quanto riguarda lo scopo di tipo sportivo-ricreativo della riscoperta della voga alla veneta, l’associazione si occupa anche del restauro di imbarcazioni tradizionali di piccola taglia, ormai quasi completamente in disuso.
Gli Amissi del Piovego mirano, inoltre, a sensibilizzare i cittadini riguardo l’importante ruolo svolto dai canali, non solo come elemento urbano ma in particolare come componente storico-naturalistica cardine per l’identità della città di Padova. Tale obiettivo si propone come iniziativa di contrasto al radicale scollamento avvenuto fra la popolazione e le acque cittadine.
In questo senso si inseriscono gli eventi organizzati dall’associazione in collaborazione con diversi partner, quali il Comitato Mura e la fondazione FAI (Fondo Ambiente Italiano).
Lo statuto dell’associazione prevede l’ottenimento dello status di socio grazie alla partecipazione alle attività espletate dagli Amissi del Piovego ed al pagamento di una quota associativa di sostegno alle funzioni degli Amissi, che non costituisce una moneta di scambio per l’accesso ai servizi proposti. L’adesione all’associazione allora non avviene per motivi strumentali (accesso privilegiato a servizi) o per darsi uno status, ma secondo il principio di ‘reciprocità’.
L’impegno in azioni di solidarietà sociale espresso dagli Amissi del Piovego negli ultimi anni, volto in particolar modo a disoccupati, rifugiati e carcerati in regime di semi libertà si è tradotto nel 2015 con l’istituzione della Cooperativa Piovego(inizialmente Piovego Pulito), grazie anche all’apertura di borse lavorative per la manutenzione dei canali cittadini da parte della Chiesa Valdese. Di questa ci parla in particolare Dario Smania, presidente, accompagnato da Pietro Gusso del direttivo degli Amissi.
Tale Cooperativa ha ricevuto un finanziamento strutturato da parte del FSE (Fondo Sociale Europeo) creato dall’Unione Europea e definito nel 1957 col Trattato di Roma. Tale fondo risponde alla volontà di ridurre le differenze inerenti ai differenti livelli di sviluppo economico tra gli stati membri ed è destinato ad iniziative sul territorio locale di inclusione delle categorie sociali meno qualificate e maggiormente esposte. A partire dal 2014 la gestione di una parte del Fondo Sociale Europeo è conferita alle Regioni.
La Cooperativa Piovego ha, inoltre, ricevuto il fondo inizialmente destinato agli Amissi del Piovego da parte della Fondazione Cariparo.
Nel 2018 ha preso vita il progetto “Valorizziamo i canali” grazie ad una collaborazione fra il Comune di Padova, la Cooperativa Piovego, gli Amissi del Piovego e il Dipartimento di Ingegneria industriale dell’Università di Padova. Tale progetto prevede l’impiego di disoccupati italiani e di immigrati di recente arrivo sul territorio del Comune di Padova.
Inizialmente previsto per la durata di un semestre, il progetto è stato in seguito rinnovato per altri 12 mesi, dall’1 agosto 2019 al 31 luglio 2020, considerato il successo ottenuto sia in termini di risultati materiali che sociali.
L’attività della Cooperativa, inoltre, è strettamente legata al Laboratorio di analisi dei Sistemi ambientali del Dipartimento di Ingegneria industriale, il quale si occupa di definire dei modelli matematici di analisi dell’ecosistema fluviale. Questo legame spiega la nascita della Cooperativa in quanto incrocio di saperi che si riconoscono nell’ingegneria naturalistica.
La Cooperativa Piovego si pone dunque due differenti obiettivi, uno sociale ed uno ambientale. La cooperativa espleta una funzione sociale in termini di servizio per i residenti del Comune di Padova e di formazione dei lavoratori membri della Cooperativa stessa. Per quanto riguarda la sua funzione ambientale essa si pone l’obiettivo di tutelare il verde che abbonda lungo i canali e della raccolta dei rifiuti presenti sulle loro sponde e i fondali. In particolare, l’obiettivo di formare i lavoratori corrisponde alla volontà di sopperire ad una mancanza presente nelle attività delle grandi utilities del territorio e anche da parte degli operatori comunali. Volendo ci sarebbe un terzo obiettivo di tipo culturale e educativo, condiviso ampiamente con l’associazione.
L’incontro si conclude con un meraviglioso viaggio con una barca di servizio della cooperativa lungo il Piovego. Dario e Pietro durante il percorso – circa un terzo del triangolo che il Piovego forma attorno alla città (https://emanuelemartino.wordpress.com/acqua-e-citta/padova-e-le-sue-acque/il-canale-piovego) – ci illustrano sia aspetti storico-architettonici (su tutti il Portello) sia aspetti socio-ambientali meno edificanti, come la ciclica presenza di rifiuti o la costante presenza di accampamenti di fortuna di homeless.
La peculiarità della cooperativa sta nel tenere assieme davvero tante cose molto diverse: i prelievi dei campioni di acqua per conto dell’università, la pulizia delle sponde dai rifiuti per conto delle utility, l’accoglienza e il lavoro a persone in difficoltà per conto di altre organizzazioni sociali. Senza contare l’essere il braccio operativo degli Amissi del Piovego. In una integrazione dentro il terzo settore davvero interessante.
La prospettiva offerta dal canale ha permesso di osservare aspetti normalmente non visibili ma presenti. Si tratta di alloggi di fortuna più o meno stabili che, non raramente si associano ad inquilini dediti al consumo di stupefacenti, ma anche di rifiuti che si accumulano (bottiglie, imballi alimentari fino a biciclette e carrelli della spesa) sulle sponde e sui fiumi. Sono elementi che si presentano lì, proprio in virtù del fatto che si tratta di un’area nascosta, non visibile e lasciata vivere a sé stessa. Assieme alle specie vegetali che proliferano anche altre formazioni trovano uno spazio interstiziale in cui inserirsi, appunto homeless e rifiuti. Un punto di vista meno scontato per leggere queste criticità ci viene dall’osservazione delle relazioni della città con i propri canali. Quello che è visibile adesso è una disconnessione della città e di molte sue attività da quella che è stata per secoli un’importante infrastruttura urbana.
I canali attualmente presenti sono solo una parte di una rete più complessa che innervava la città. La società urbana di Padova era stata sempre e comunque connessa alle acque; i canali erano una possibilità per i trasporti, una fonte per l’approvvigionamento idrico ed energetico su cui l’economia cittadina ha poggiato le proprie basi. Da una breve scorsa alla storiografia urbana raccolta da volontari e appassionati (qui un esempio), anche quando sono venute meno le esigenze difensive soddisfatte dai canali e dalle fosse, sono rimaste per un certo periodo le funzionalità legate al sostentamento delle attività produttive della popolazione. Padova ha mantenuto fino a tutta la prima metà del ‘900, e in misura minore anche in seguito fino agli anni ’70-‘80, una relazione privilegiata con i canali soprattutto come infrastruttura di trasporto merci e persone. Oramai sono in disuso per questa funzione essendo stati soppiantati dal trasporto su gomma. Compatibilmente, anche la manutenzione della rete infrastrutturale dei canali, per ragioni funzionali, era di tipo ordinario. Dai colloqui avuti durante l’incontro emerge come questa ordinaria manutenzione sia venuta meno per anche per un problema di assunzione di responsabilità: chi se ne deve prendere cura? La tutela dei corsi d’acqua è stata praticamente dimenticata nella parcellizzazione dei servizi ambientali.
A grandi linee, potremmo descrivere la traiettoria del presidio ambientale nella città di Padova, come una specializzazione e parcellizzazione dei servizi in larga misura appaltati all’esterno con contratti di tipo commerciale. La gestione dei rifiuti e quella del verde diventano servizi da vendere sul mercato, in cui la logica del profitto aumenta la necessità di organizzare il lavoro in maniera economicamente competitiva. Separandosi dalla gestione pubblica, nel caso di Padova la divisione delle competenze ha portato ad un disinteresse nei confronti della gestione dei canali: poco convenienti, poiché sottoutilizzati, e con alti costi di manutenzione, hanno portato ad un conseguente stato di abbandono. Eppure, i canali sono lì, conservando solo la funzione di deposito di rifiuti per via dello scarico delle acque di scolo e di rifugio per i specifici gruppi ai margini. La Cooperativa Piovego tenta di ricomporre alcuni tratti di un legame che potremmo definire simbiotico e che, attualmente, è solo marginale. Come testimoniato nel corso della nostra interazione durante la navigazione, uno dei fini degli operatori della cooperativa è promuovere l’uscita della gestione dei canali da una logica emergenziale; gli interventi a tutela dei canali a seguito di eventi drammatici come le alluvioni portano ad agire in fretta senza considerare una pianificazione di più lungo termine. La manutenzione ordinaria non dovrebbe essere dimenticata, stando alle parole che abbiamo raccolto, poiché pulizie, potature delle piante, rimozione di masse ingombranti dai canali previene rischi e una migliore gestione dei bacini idrici presenti nell’area tra le province di Padova, Vicenza e Venezia.
Questi racconti evidenziano una relazione che è sottotraccia. Allo stato attuale la relazione con i canali che a lungo ha caratterizzato il contesto di Padova si è persa nella sua forma originaria, perdendo così anche il rapporto simbiotico con le acque e gli spazi blu. Attori come la Cooperativa Piovego e gli Amissi del Piovego tentano di ri-unire quello che altrimenti sembra destinato a restare diviso sia nella gestione delle vie d’acqua sia nella relazione dei cittadini con il proprio territorio.
Resta da domandarsi che forme ha mantenuto la relazione con queste infrastrutture idrauliche. Una parte di queste ha assunto un valore differente dando forma ad una ben diversa relazione con il territorio da parte della popolazione. Se prima potevamo avere una relazione di scambio tra la tutela della sicurezza dei canali per ragioni di navigabilità e di prevenzione, oggi abbiamo una relazione con lo spazio definito dagli argini. Pur essendo parte integrante dei canali, sono diventati una sorta di parco urbano. Passeggiare, fare dello sport, socializzare davanti ad un aperitivo sono pratiche che fanno popolare alcuni argini della città. La configurazione che assume questo processo di ri-territorializzazione è dunque orientata al loisir. La simbiosi non è più presente come lo era prima. Da questo prima esplorazione appare chiaro che vi sia una ridistribuzione della fruizione di questa risorsa e, si direbbe, tagliata diversamente a seconda delle tipologie di attori sociali: le persone ai margini sembrano mantenere una relazione più forte sebbene non simbiotica, ottenendo dai canali riparo e, in parte, vivendone uno spazio. Ne sono sfruttate solo alcune sue parti come la capacità di assorbire rifiuti (siano acque di scolo o rifiuti solidi) dalla città e il loisir da una quota consistente della popolazione urbana ma in questo caso lo scambio non esiste più. Resta l’usufrutto di una infrastruttura, certamente che non si approssima ad una relazione simbiotica ma ad una più consueta forma di sfruttamento del territorio.
di Paolo Giardullo (paolo.giardullo@unipd.it), sue anche le foto
Primi risultati della ricerca sul volontariato fluviale che ha coinvolto oltre 300 gruppi e associazioni impegnate nella difesa e promozione dei fiumi. La prima presentazione pubblica si fa a Solidaria (19 settembre 2022, ore 15.00 c/o Fondazione Lanza, Padova), un’iniziativa del Centro Servizi Volontariato di Padova e Rovigo. Intanto potete scaricare un sunto della ricerca qui
La ricerca, illustrata sotto, si è arricchita di un convegno (1 dic. 2020) e di una mappa dei gruppi che operano sui fiumi con una logica ‘non profit’. La foto a fianco fa parte di un articolo del Guardian e riguarda volontari che pattugliano il delta del Po contro i ‘predoni del fiume’. A breve inizierà l’analisi delle risposte al questionario, cui è ancora possibile rispondere qui
E’ una ricerca sul volontariato ambientale e civile, che prende l’aggettivo di ‘fluviale’ sia come sintesi immaginifica sia perché si collega ad altra ricerca ‘fiumi e città’.
Vi è anche un significato laterale che indica un volontariato temporaneo, leggero, intermittente, senza appartenenze formali…
Una raccolta di rifiuti svolta di tanto in tanto lanciata con un messaggio sui social media esemplifica questo tipo di volontariato. Universalità, gratitudine, gioco, valenze che si riscontrano anche nel volontariato di protezione civile, saranno le principali dimensioni della ricerca.
La ricerca ‘volontari di fiume’ è da iscrivere nell’arco temporale di ‘Padova capitale europea del volontariato 2020’ e ha lo scopo di portare in emersione e descrivere i tratti essenziali di forme di volontariato ‘leggero’ a favore di aree socialmente e ambientalmente ‘fragili’. Entrambi gli aggettivi, opportunamente virgolettati, necessitano una spiegazione.
Leggero non indica un modo superficiale e fugace di svolgere servizi gratuiti ma una modalità di interazione con l’ambiente e le persone lieve, impalpabile, attitudinale (predisposizione favorevole). Il volontariato leggero, tradotto in altri contesti come ‘episodico’ o ‘postmoderno’ (Ambrosini 2016), assume nell’ambito di intervento che si intende indagare – le aree fragili – un valore positivo perché indica interventi non invasivi, rispetto per le persone e la storia dei luoghi, riduzione degli impatti ambientali.
L’abbinamento fra leggero e fragile si lega ad una comunità di pratiche ‘aree fragili’ che da 15 anni studia e promuove uno sviluppo dolce per le aree rurali del nostro paese. Emblematici alcuni titoli ‘Un’economia leggera per aree fragili. Criteri per la sostenibilità ambientale del Nord Italia (Sviluppo Locale, vol. XI, n. 27, 2004-05) e Vivere da stranieri in aree fragili. L’immigrazione internazionale nei comuni rurali italiani (a cura di Osti e Ventura, Liguori, 2012). In conclusione, l’aggettivo leggero indica un particolare approccio relazionale alle forme di aiuto e servizio.
La ricerca riguarda azioni di volontariato in aree remote, rurali, periferiche od anche vicine a centri urbani, ma caratterizzate da forti squilibri sociali e ambientali. Il caso più macroscopico sono le guardie ecologiche volontarie, poco conosciute dall’opinione pubblica ma straordinariamente attive nelle aree verdi siano queste fiumi e canali, campi, boschi, parchi naturali, interstizi fra città e infrastrutture.
Vi è poi una forma di volontariato a favore di zone interne che si prodiga magari nei mesi estivi o durante le feste patronali per animare comunità contrassegnate da invecchiamento e spopolamento. Infine, appare lodevole il volontariato che unisce studio degli ecosistemi e loro protezione.
Chi ad esempio fa un censimento di animali selvatici è allo stesso tempo uno strenuo difensore degli ambienti naturali. A questo va aggiunto il fenomeno dei citizen science ossia di normali cittadini che si mettono a disposizione di autorità ambientali e sanitarie per monitorare i territori.
Carattere prevalente di queste forme di volontariato è la temporaneità, da intendersi come intervento puntuale, stagionale, emergenziale. Il volontariato di protezione civile rientra in questa ultima fattispecie.
Un carattere simile alla temporaneità è la progettualità, che indica l’espletamento di un servizio secondo uno specifico obiettivo, arco temporale, fonte di finanziamento. Si tratta alla fin fine di un volontariato ambientale a metà fra servizio sociale e culturale. Ha affinità con il volontariato di comunità, quello che si esercita in centri sociali, nel doposcuola gratuito, negli oratori delle parrocchie, nelle Pro Loco. E certo nelle statistiche è sottovalutato.
A volte non arriva neppure al riconoscimento pubblico, perché ha carattere di comitato o azione di advocacy civile solo temporaneamente costituita a fronte di una puntuale minaccia ambientale. Tutte queste esperienze ibride, spesso sottaciute o rubricate sotto altre classificazioni (es. protesta ambientale, Nimby etc.) meritano una attenzione e una ricerca specifiche al fine di coglierne originalità, motivazioni, modalità di aggregazione.
Dato che l’oggetto del convegno (volontariato ambientale) è vasto, disperso e poco studiato si pensa di usare due punti di attacco del fenomeno. Il primo è rappresentato dallo specifico caso del volontariato a favore dei corsi d’acqua, vero e proprio sistema sanguigno del territorio. Il loro monitoraggio può essere la spia di fenomeni più generali, relativi al modo con cui cittadini e stranieri si pongono di fronte al bene comune.
Inoltre, il carattere fluido e connettivo di fiumi e canali rende evidenti anche i problemi relazionali fra aree di diversa importanza (relazioni intergovernative). Quindi dal volontariato fluviale si può risalire a problemi generali e addirittura di carattere internazionale. Basti pensare a quanta letteratura vi è sui fiumi che attraversano diversi paesi. Non è il caso dell’Italia, ma certamente il punto di attacco del volontariato fluviale vale per i rapporti fra cittadinanza e autorità pubbliche. Il secondo punto di attacco è la provincia di Padova.
Contiene in se una varietà di strutture urbane e paesaggi fluviali tali da permette di esemplificare il volontariato ambientale in modo da ricavarne una tipologia-base estendibile a tutto il territorio nazionale, se non addirittura ad alcuni paesi europei.
Il ciclone Vaia del 29 e 30 ottobre 2018, che ha devastato le Alpi orientali, rappresenta un punto di non ritorno per le comunità locali. La sua manifestazione, soprattutto vento forte, prolungato e esteso, è inedita e richiede a enti di ricerca, istituzioni pubbliche e associazioni di modificare i propri orientamenti nelle politiche di mitigazione e adattamento al cambiamento climatico. Urge affinare le conoscenze, migliorare i sistemi di prevenzione e allerta, mobilitare persone e gruppi. Il campo qui proposto con una formula tripartita – lavori di manutenzione, didattica in aula e contatti con le popolazioni locali – esemplifica uno stile di apprendimento e intervento ‘multipiano’.
Obiettivo: formare studenti universitari (e altri interessati) alla complessità dei cambiamenti climatici, al loro impatto socio-ambientale, al senso di solidarietà fra popolazioni. Metodo: lezioni frontali, lavori di manutenzione del territorio, incontri con associazioni e enti locali. Tutor: proff. Giorgio Osti (giorgio.osti@dispes.units.it) e Michele Pipan (pipan@units.it).
Sede del campo: Piazza del Tiglio, 3 – Fraz. Prato 33010 Resia (UD)
Programma
22 luglio
ore 15.00: Saluti del Sindaco di Resia, del Presidente del Parco Prealpi Giulie, del Rettore dell’Università di Trieste, del Presidente di Aree Fragili APS. Illustrazione di scopi e metodi del campo.
ore 16.00: Clima e ambiente. Introduzione di Maurizio Fermeglia, Università di Trieste; Geofisica per lo studio dei cambiamenti ambientali. Esperimenti sul campo, Michele Pipan, Università di Trieste
23 luglio
ore 8.00-12.00: escursione e lavoro nella valle con Associazione Vivistolvizza
ore 16.00: Boschi e cambiamenti climatici: siamo preparati? Davide Pettenella, Tesaf, Università di Padova
24 luglio
ore 8.00-12.00: escursione e lavoro nella valle con Associazione Vivistolvizza
ore 16.00 Le economie locali, i servizi, la popolazione, il paesaggio, Giovanni Carrosio, Università di Trieste e Viviana Ferrario, Istituto Universitario di Architettura di Venezia, IUAV
25 luglio
ore 8.00-12.00: escursione e lavoro nella valle con Associazione Vivistolvizza
ore 16.00: Percezione, comunicazione e cultura del rischio ambientale, Giancarlo Sturloni, docente Sissa, Trieste
ore 20.00 Cena e serata folckloristica con Associazione Vivistolvizza
26 luglio
ore 8.00-12.00: escursione e lavoro nella valle con Associazione Vivistolvizza
ore 16.00: Il governo del territorio, Alessandra Marin, Università di Trieste, Stefano Santi, Direttore del Parco Prealpi Giulie
ore 19.00 Assemblea ordinaria Aree Fragili APS
27 luglio
ore 9.30: manifestazione pubblica con i tutor (G. Osti, M. Pipan), Andrea Nardini (Botanico, UniTs) e i corsisti che relazionano, modera Giorgio Sulligoi, coordinatore Centro Ciamician-UniTs. Invitate la popolazione e le autorità locali. Partecipa anche la Fondazione Mach di Trento che sta avviando gruppi di ascolto sulla resilienza delle comunità locali ai disastri ambientali.
ore 13.00 Conclusione del campo
Destinatari: prioritariamente studenti di tutti i dipartimenti dell’Università di Trieste, poi di altre università e uditori fino ad un massimo di 20. L’iscrizione al campo costa 30,00 euro da versare su ccb IT64X0501802200000016735193 intestato a Aree Fragili APS, Banca Popolare Etica. A questi vanno aggiunti, sempre a carico del singolo studente circa, 180 euro, comprensivi di vitto per 5 giorni presso l’Albergo Alle Alpi di Prato di Resia e alloggio per 5 notti presso la Foresteria del Parco a Prato di Resia, cifra che egli/ella pagherà direttamente a dette strutture. La partecipazione al campo dà possibilità di ottenere crediti F.
Vi sono ancora posti per studenti universitari, per i quali si applicano le condizioni sopra esposte, e per uditori, per i quali la quota di iscrizione sarà di 100 euro per l’intero campo, versamento sullo stesso ccb. Per tutti, studenti e uditori, la partecipazione a singole lezioni è gratuita. Per tutti vitto e alloggio è regolato come sopra.
Chi volesse aggiungersi agli attuali iscritti al campo, mandi una email a Giorgio Osti e Michele Pipan (indirizzi email sopra)
Nota: per le uscite mattutine è necessario dotarsi di scarponcini, vestiti robusti, copricapo, guanti da lavoro, giacca per la pioggia
Lista uscite campo lavoro e serata conviviale
– Martedi’ 22 luglio – Escursione con manutenzione sul sentiero “Ta lipa pot” – Eventuale sosta alla “Casa resiana” ed incontro con Marco Favalli;
– Mercoledi’ 23 luglio – Rastrellamento fieno e costruzione di un covone in località “Dulcek”;
– Giovedi’ 24 luglio – Sistemazione e pittura casette in legno poste in località “Belvedere Roberto Buttolo”. Ore 20,00 cena presso il locale “La Vecchia Bottega” e a seguire serata folcloristica con musica e ballo resiano.
– Venerdi’ 25 luglio – Attività con il movimento “Io amo Resia con i fatti” – Sfalcio con macchine e raccolta fieno di un prato in località Lischiazze
I fiumi catalizzano la cura dell’ambiente in aree rurali?
Si cerca di dare una risposta a questa domanda esaminando le mobilitazioni pro-ambiente lungo 4 fiumi della pianura lombarda orientale: Oglio, Mella, Chiese e Mincio. L’ipotesi di lavoro è articolata; in generale si immagina che le comunità rurali siano meno reattive alle minacce ambientali; ciò potrebbe essere compensato dalla presenza di corsi d’acqua ad alto impatto simbolico che fungono da catalizzatori della protesta e della salvaguardia ambientale. Varianti di questa ipotesi riguardano fattori organizzativi e istituzionali: gli ambienti urbani suscitano mobilitazioni più strategiche; parchi naturali e contratti di fiume agevolano l’istituzionalizzazione della protesta. Vi sono poi fattori puntiformi, come reazioni a grandi opere che a volte coagulano una mobilitazione più generale. Infine, come mostra l’illustrazione a fianco (gare nautiche nell’antica piazza Navona): la ricreazione, la gastronomia, le pratiche sportive sull’acqua inducono attenzioni e atteggiamenti di cura.
Gli oggetti della ricerca
Censimento e analisi delle azioni pro-ambiente nelle aree bagnate dai 4 fiumi da parte di gruppi spontanei, comitati, associazioni, fondazioni. Le aree sono nella pianura rurale, grosso modo sotto la vecchia SS ‘Padana superiore
La comparazione
Il disegno della ricerca è comparativo. Oglio, Mella, Chiese e Mincio hanno molti aspetti in comune; eventuali differenze nella mobilitazione ambientale fra le 4 comunità fluviali permetterà di verificare le ipotesi o trovarne di nuove
I parametri
I parametri della mobilitazione sono
a) presenza duratura di azioni e attori pro-ambiente, b) loro approccio multi-dimensionale al welfare locale, c) efficacia delle azioni, d) capacità di creare coesione sociale, e) altri….
È una ricerca che scaturisce dalla risalita del fiume Chiese 4-8 giu 2019
(vedasi sotto) ossia una ricerca azione focalizzata su quel fiume e poi allargata agli altri tre, che scendono quasi in parallelo dalle Alpi e finiscono tutti nel Po. Le motivazioni e le azioni sul Chiese, in particolare la formazione di una federazione delle associazioni che se ne curano, sono ora riversate (è il caso di dirlo) su un quadrante più ampio alla ricerca di somiglianze e differenze.
organizzano
Eco-carovana del ChieseRisalita in bici per capire e gustare il fiume e i suoi abitanti4 – 8 giugno 2019, da Canneto sull’Oglio a Daone
Iniziativa scientifica e promozionale che si svolge a tappe lungo il fiume Chiese dalla confluenza nell’Oglio fino alle sue sorgenti sull’Adamello. Si fa in bicicletta e prevede una tappa in provincia di Mantova, sette tappe in provincia di Brescia e due in provincia di Trento. Negli incontri – ciascuno con un tema prevalente – i ciclisti incontrano rappresentanti di enti locali, agenzie territoriali e associazioni. Gli incontri sono pubblici, aperti a tutti i cittadini residenti o meno nei comuni bagnati dal Chiese.
Gli scopi dell’eco-carovana sono due: 1) effettuare una ricerca integrata sugli assetti e squilibri socio-ambientali dei territori che insistono sull’asta del fiume; la metodologia è basata sulla ricerca-azione e l’ipotesi di lavoro consiste nel valutare l’articolazione di tre principi di gestione delle acque: sussidiarietà, integrazione monte-valle e solidarietà fra bacini. La pianificazione per bacino idrografico infatti potrebbe non essere sufficiente a garantire le plurime finalità del fiume Chiese, compresa quella ecologica. 2) svolgere una ampia opera di sensibilizzazione su scala regionale e nazionale sui problemi dei fiumi di media lunghezza che scorrono ai margini di rilevanti sistemi urbano-industriali-turistici. Su questi bacini si scaricano effetti secondari di bacini più forti (es. depuratori, spandimento liquami), mentre si mantengono tutte le pressioni tradizionali su corpi idrici (prese a uso idroelettrico, irriguo, attività turistico-ricreative…).
Ecocarovana del Chiese: 4-8 giugno 2019
Date, ora partenza
Percorso in bicicletta
Luogo/ora incontro
Tema
Martedì 4, ore 9.30
Canneto sull’Oglio (p. Matteotti) – Asola
Asola, Casetta della musica, ore 11.00
Irrigazione e spandimenti
Martedì 4, ore 15.00
Asola (p. XX Settembre) – Mezzane di Calvisano-Montichiari
Montichiari, Cartiera, ore 18.00
Acqua e salute
Mercoledì 5, ore 9.30
Montichiari (p. Santa Maria) – Bedizzole
Bedizzole, Mulino Farine del Garda, ore 11.00
Paesaggio e cultura
Mercoledì 5, ore 15.30
Bedizzole-Prevalle-Gavardo
Gavardo, Piazza San Bernardino, ore 18.30
Depurazione delle acque
Giovedì 6, ore 9.30
Gavardo (p. San Bernardino) – Barghe
Barghe, Ex-Centrale idroelettrica, ore 11.00
Transizione energetica, sviluppo locale
Giovedì 6, ore 16.00
Barghe-Vestone
Vestone, Museo del Lavoro, ore 17.30
Acqua come forza-lavoro
Venerdì 7, ore 9.30
Vestone (p. Garibaldi) – Idro
Idro, La Mirtilla, ore 11.00
Acqua e turismo
Venerdì 7, ore 16.00
Idro – Ponte Caffaro
Ponte Caffaro, Borgo San Giacomo, ore 17.30
Economia solidale liquida
Sabato 8, ore 9.30
Ponte Caffaro (bar Al Ponte) – Storo
Storo, Centro Polivalente Darzo, ore 10.00
Giustizia idrica
Sabato 8, ore 13.00
Storo-Daone
Daone, Località Limes, ore 16.00
Usi ricreativi dell’acqua
Patrocini gratuiti: Dipartimento di Sociologia e Ricerca Sociale, Università di Trento; Comunità Montana Valle Sabbia; Autorità di Bacino Distrettuale del fiume Po-ADBPO; Tavolo delle Associazioni che amano il Fiume Chiese e il suo Lago d’Idro; Università Statale di Brescia
Responsabili dell’evento: coordinatore Giorgio Osti, Università di Trieste e Presidente di Aree Fragili APS; contatti e comunicazione: Debora Ambrosi. Referenti per la ricerca socio-ambientale Valerio Corradi, LaRIS – Università Cattolica di Brescia, Fabio Carnelli, Politecnico di Milano, Natalia Magnani, Università di Trento, Giovanni Carrosio, Università di Trieste.
I punti di partenza e arrivo possono variare lievemente a causa del maltempo o altri contrattempi. In ultima istanza si può telefonare ai numeri 329 333 0657 o 347 2514030. Verranno fornite indicazioni sulle strutture dove pernottare. I costi di vitto e alloggio sono a carico dei singoli partecipanti; non è previsto alcun servizio di navetta per rientri ai punti di partenza
La comunità di pratiche Aree Fragili si trova ad operare in un contesto che appare radicalmente e improvvisamente cambiato. I luoghi lasciati indietro, the places left behind – come li chiamano molti studiosi a livello internazionale – stanno manifestando forti segnali di malessere, che sembrano orientarsi verso la ricerca di comunità chiuse, il rifiuto della diversità, lo scetticismo e la repulsione nei confronti del sapere scientifico, l’intolleranza, la domanda di uomini forti capaci di ristabilire l’ordine, la contrapposizione tra un popolo puro e una élite corrotta. Le nuove geografie politiche emergenti in tutti i paesi occidentali dove si è andati al voto negli ultimi mesi, sembrano confermare questo orientamento.
Se questo è vero, per chi è impegnato sul tema delle aree rurali fragili si pongono delle domande nuove.
Il convegno Aree Fragili 2019 parte da qui: quali sono le cause di questa dinamica, che in molti chiamano neo-populismo o populismo autoritario?
Esiste anche in Italia, come sembra acclarato in tanti altri stati, una dimensione rurale di questa tendenza? Se sì, quale è la situazione nelle aree fragili? Abbiamo segnali tangibili nel nostro lavoro di campo e di ricerca, oltre che dai dati che emergono dalle analisi politologiche? Quali azioni si possono mettere in campo, quali politiche, quale nuovo impegno per le organizzazioni della società civile?