E’ uscito a fine maggio 2024 il PNIISSI che raccoglie 521 interventi ammissibili per una spesa di quasi 12 miliardi di euro. Un documento per il quale urge una valutazione indipendente e sistematica, difficile da farsi perché la lista degli interventi (c’è l’obbligo di trasparenza) richiede uno sforzo di analisi quanti-qualitativa impressionante. Vi sono infatti numerose implicazioni tecniche e contestuali difficili da inquadrare. Un primo sforzo in questo senso deriva dalla “Deliberazione” del Collegio del Controllo Concomitante della Corte dei Conti che fa alcune cose utilissime: ricostruzione degli antecedenti legislativi, individuazione dei criteri di analisi e dell’iter amministrativo, prima classificazione per tipo di intervento incrociato con le macroaree dell’Italia. Molte cose sono da capire meglio e seguire nella loro sperabile realizzazione. Quello che colpisce nella elaborazione del PNIISSI è la modalità di costituzione: la valutazione di 562 proposte progettuali giunte da ATO, utility dell’acqua e consorzi di bonifica; quasi tutte le proposte sono state accettate, come a dire il Piano assomiglia ad un enorme processo bottom-up con una regia centrale (governo nazionale, nella fattispecie il MIT e la Cabina di Regia) volutamente debole (semplificazione della governance), relegata a procacciatrice di fondi …. Il governo dell’acqua italiano somiglia così ad un sistema federale sui generis nel quale emergono potenti corporazioni come le multiutility e i consorzi di bonifica.